Con il termine anatocismo bancario ci si riferisce a quella pratica secondo la quale la banca addiziona al capitale di un credito X degli interessi
Gli interessi di riferimento saranno maturati sulla cifra capitale, dopodiché però la stessa banca considera l’importo complessivo risultante come punto di riferimento e base fondante per il calcolo di nuovi interessi sul medesimo capitale. In altre parole, l’anatocismo non è altro che la maturazione di altri interessi calcolati su interessi già scaduti e non estinti, in subordino ad un capitale specifico. Nel gergo bancario, questi interessi anatocistici vengono definiti composti, ovvero interessi calcolati sul capitale di base e sugli interessi maturati in riferimento a quest’ultimo.
Parliamo ovviamente di un meccanismo che implica l’esistenza di un’obbligazione di natura economica, conseguente alla sottoscrizione di un contratto tra la banca e il soggetto fisico – o giuridico – coinvolto. Ne sono un esempio del tipo, i classici contratti di deposito o di mutuo. Non a caso, l’articolo 1282 del codice civile dettaglia all’interno del primo comma che “crediti liquidi ed esigibili di somme di denaro producono interessi di pieno diritto, salvo che la legge o il titolo stabiliscano diversamente”.
La pratica anatocistica
L’anatocismo è rispecchiato dall’art. 1283 c.c. in base a cui “gli interessi scaduti possono generare interessi solo a partire dal primo giorno della domanda giudiziale o per effetto di convenzione posteriore alla loro scadenza, purché si tratti di interessi dovuti da almeno sei mesi”. Questo significa che il giudice può condannare il pagamento degli interessi su interessi nell’eventualità in cui sia stata accertata la scadenza circa gli interessi originari nella data della domanda giudiziale. L’art. 1283 c.c. costituisce quindi una norma eloquente circa il disappunto con cui il legislatore considera il fenomeno della capitalizzazione degli interessi, proprio come altre tipologie di restrizioni subordinate ad interessi più alti rispetto a quelli riconosciuti ed accettati per legge.
Importante: occorre qui precisare il profilo del tutto eccezionale della norma riferibile all’art. 1283, in quanto valida ed applicabile solo ai debiti di valuta/pecuniari, e non assoggettabile ai debiti di valore. Proprio per questa ragione, tale norma non appare attuabile nei casi in cui gli interessi risultino riconosciuti a partire dalla data esatta dell’azione illecita sulle cifre estinte a mo’ di risarcimento del danno. Bisogna anche dire che l’art. 1283 non viene attuato in ambito tributario, in cui esistono provvedimenti speciali a disciplinare le conseguenze di mora debendi.
L’anatocismo viene praticato invece nel caso di clausole penali, ovvero di fronte a quelle intese entro cui le parti determinano se sia necessario versare o meno degli interessi in capo a ritardi adempitivi, strutturandone quindi le relative misure.
Un altro fattore da considerare in merito, è l’attivazione dell’anatocismo su quegli interessi pertinenti crediti da lavoro, ossia su quelle obbligazioni con oggetto il pagamento di una cifra di denaro su cui devono essere riscossi interessi di diverso tipo.
Le giustificazioni all’anatocismo
Alla data del 19 maggio 2020, la difesa di base adottata dalle banche nell’ambito di cause tribunalizie legate all’anatocismo bancario, si nutriva della pubblicazione riferibile all’adeguamento della delibera CICR contenuta nella Gazzetta Ufficiale del 30/06/2000. Parliamo di una delibera generata dalla necessità di disciplinare la pratica dell’anatocismo, interpretando il tutto come una sorta di sanatoria: l’addizione di interessi su interessi, pratica contraria alla legge.
Nel corso del 1999 il legislatore ha modificato l’art. 120 del Testo Unico Bancario, tramite l’art. 25 D.lgs. 342/99, attribuendo al Comitato Interministeriale per il Credito ed il Risparmio (CICR) la libertà di disciplinare i parametri e i criteri relativi alla generazione di interessi sugli interessi nell’ambito dell’esercizio delle attività finanziarie e bancarie. Nel febbraio del 2000 lo stesso CICR si è attivato in materia, promulgando una delibera entrata in vigore il 30/06/2000; la delibera ha dichiarato valide ed accettabili le clausole circa la capitalizzazione in vigore fino a quel momento.
In altre parole, la delibera CICR ha reso legittimo l’anatocismo con deroga all’art. 1283 c.c., a patto che fossero capitalizzati con la stessa periodicità anche gli interessi a credito dei correntisti. In aggiunta, perchè la pratica illegittima dell’anatocismo risultasse coerente con gli asset di legge, sarebbe stato d’obbligo comunicare ai correntisti l’adeguamento di ogni banca alla delibera e a tal proposito l’art. 7 della delibera implicava che la comunicazione in oggetto potesse verificarsi all’interno della Gazzetta Ufficiale ed era da considerarsi attivabile nell’eventualità in cui i nuovi contesti non apportassero dei peggioramenti lato clientela. Nei casi in cui invece i nuovi contesti fossero stati reputati peggiorativi, si esigeva l’approvazione lato cliente.
La tendenza dei tribunali faceva perno sulla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, atto che ha cominciato ad essere investito di grande importanza circa la difesa delle banche accusate di anatocismo in sede tribunalizia. La pubblicazione all’interno della Gazzetta Ufficiale ha rappresentato per lungo tempo una sorta di scudo sulle problematiche legislative pertinenti l’anatocismo, a giustificare l’addebito illegittimo degli interessi anatocistici. In verità, la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale circa l’adeguamento alla delibera CICR 2000, è stata impiegata nei tribunali in forma categorica e indiscriminata, implicando un disinteresse totale circa l’obbligo che le condizioni peggiorative dovessero essere approvate dalla clientela.
Illegittimità
Con l’obiettivo di reputare l’anatocismo legittimo, in moltissime controversie si è solo verificato che agli atti di causa risultasse l’estratto della Gazzetta Ufficiale, trascurando di fatto il controllo sull’esigenza di approvazione da parte della clientela in caso di condizioni peggiorative. Questa tendenza imperante ha condotto alla proliferazione di un concetto sbagliato ma persistente, e cioè alla convinzione che l’anatocismo posteriore al 2000 non potesse venire contestato e la pubblicazione all’interno della Gazzetta Ufficiale espletata da parte degli istituti di credito risultasse sufficiente a legittimare ciò che invece secondo l’art. 1283 del codice civile era vietato.
La sentenza n. 9140 del 19/05/2020 emessa dalla I Sezione Civile della Corte di Cassazione, ha rielaborato i paradigmi della questione, determinando la natura illegittima dell’anatocismo, a prescindere dall’adeguamento alla delibera CICR 2000 all’interno della Gazzetta Ufficiale. In altre parole, tale sentenza abbatte una volta per tutte le tendenze sopra citate, distruggendo quella difesa adoperata dalle banche a proprio ed esclusivo vantaggio.
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