Minusvalenze e perdite da investimenti finanziari

Hai eseguito investimenti che si sono rivelati inefficaci o in perdita? Non preoccuparti! Scopriamo insieme le strategie vincenti per il recupero delle minusvalenze ed altri strumenti utili per il tuo portafoglio

Le minusvalenze finanziarie si riferiscono a quelle perdite che prendono piede nel momento in cui si vende un tipo di investimento ad una cifra inferiore rispetto alla somma investita per il suo acquisto. È possibile concentrarsi su diverse tipologie di investimento, come per esempio obbligazioni, azioni, fondi comuni, ETC, ETF, ect.

Al fine di recuperare le minusvalenze occorre considerare il regime fiscale applicato (dichiarativo o amministrativo) e la categoria di reddito (capitale o altro) a cui si subordinano gli investimenti.

Si tratta di elementi di assoluta importanza in merito alla gestione del proprio fondo patrimoniale, in quanto possono influenzare il rendimento degli investimenti e la tassazione.

In altre parole, ci stiamo riferendo ad un credito fiscale vero e proprio, prescrivibile in quattro anni. Qualora quest’ultimo venga utilizzato invece, potrà condurre all’esenzione dalle tasse degli utili maturati in un secondo momento, pur con particolari limiti. Nella maggior parte dei casi coloro che aprono un conto titoli rivolgendosi ad un’istituto di credito o ad una SIM, vengono collocati di default nell’ambito del regime di risparmio amministrato.

In poche parole, i soggetti di cui sopra non dovranno dichiarare niente né all’interno del modello 730 né nel Modello Unico, in quanto sarà lo stesso istituto di credito ad occuparsi di ogni conteggio, fungendo da sostituto di imposta. La tassazione in merito alle plusvalenze non compensate si riferisce al 26%, ad eccezione dei proventi da titoli di stato che versano il 12,50%.

Qualora la vendita utile di un prodotto finanziario è anticipata da una minusvalenza pregressa, l’istituto di credito o l’intermediario ricaveranno la differenza tra perdite e guadagni, applicando poi l’imposta sulla differenza.

Ecco un esempio utile in merito:

possiedo una minusvalenza di 1.000 € frutto della vendita in perdita dell’azione X. In un secondo momento liquido l’azione X, ottenendo un utile di 1.200 €. L’utile tassato è pari a 200 € e l’imposta risulterà pari al 26% di suddetta somma, quindi 52 €.

Il recupero delle minusvalenze

La minusvalenza viene generata in maniera automatica ogni volta che un investitore vende uno specifico strumento finanziario ad una cifra inferiore rispetto a quella di acquisto. La perdita si genera automaticamente, rientrando nell’ambito della categoria fiscale dei cosiddetti “redditi altri”. I redditi altri si caratterizzano per due elementi fondamentali:

  1. vengono strutturati da un’operazione aleatoria, con esito incerto, espletata sui mercati finanziari;
  2. possono possedere sia segno positivo che segno negativo

La plusvalenza, al contrario, si determina tramite la vendita in utile di un prodotto finanziario. Per coloro che risultano attivi nell’ambito del regime amministrato, è essenziale che nell’eventualità di una vendita contestuale di un titolo in utile e di uno in perdita, la seconda venga fatta per prima.

L’istituto di credito infatti segue una logica temporale lineare in merito alla compensazione. Lo zainetto fiscale corrisponde ad una sorta di estratto conto messo a disposizione dei clienti da parte degli intermediari, che va a riassumere il profilo fiscale di ogni utente, specificando i crediti del contribuente con la scadenza relativa.

Ad ogni modo, al fine di vendere un prodotto finanziario in utile prima della scadenza del credito, non è sufficiente il recupero delle minusvalenze. In questi casi urge infatti che i redditi implicati provengano entrambi da capitale diverso, ovvero siano compensabili.

Compensazione minusvalenze in scadenza

I redditi diversi sono frutto di un guadagno instabile, risultato delle variazioni di prezzo fluttuanti prodotte dallo strumento; i redditi da capitale invece corrispondono al risultato di un investimento in termini di dividenti o interessi. In dipendenza di ciò, le cedole incassate dai titoli presenti in portafoglio non potranno godere di esentasse nel caso in cui abbiamo registrato perdite pregresse. In sintesi, pagheremo in ogni caso le imposte nonostante il danno patrimoniale subito.

Sfortunatamente anche gli utili derivati dalla vendita di ETF e fondi di investimento fanno parte della categoria dei redditi da capitale. Di conseguenza, qualora ti ritroverai a vendere in perdita un ETF e in un secondo momento liquidi un fondo di investimento in utile, dovrai pagare in ogni caso le tasse rispetto al secondo.

Ma come semplificare allora il fardello fiscale? Ti presentiamo tre strategie utili da poter seguire in merito:

  1. Utili pertinenti azioni singole non compensabili. Nel caso tu possieda delle posizioni in utile, è meglio venderle, in modo da contabilizzare il guadagno. In tal senso, potrai avvalerti di un recupero del credito precedente. Sarebbe ideale procedere con questa operazione verso fine anno, in modo da scongiurare ulteriori rialzi.
  2. Utili di ETC sono compensabili. Se possiedi un ETC sull’oro e ti posizioni in guadagno, l’utile che otterrai dalla vendita sarà compensabile. Anche in questo caso, meglio aspettare la fine dell’anno o trovare il momento ottimale per svincolarti dall’investimento;
  3. Implementa prodotti finanziari ad hoc. Per esempio se sono presenti degli investment certificates semplici che ti consentono di investire in panieri di titoli ampi e diversificati. Questi generano redditi diversi e del tutto compensabili;

Nel caso desideri compensare perdite su fondi con altri fondi (o ETF), l’unica alternativa si basa sull’inserire i prodotti all’interno di una polizza unit linked. In tal modo, potrai recuperare le minusvalenze, ma dovrai estinguere i costi di gestione sulla stessa polizza. Dal momento che una unit costa all’incirca il 2,50% l’anno, è bene considerare attentamente quanto convenga questo tipo di operazione.

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