Quando va dichiarato il conto trading all’interno della propria dichiarazione dei redditi?
La prima regola da tenere a mente è che la possessione di un conto trading con intermediario non residente in regime dichiarativo, implica in ogni caso l’espletamento degli obblighi fiscali in Italia.
Cosa significa questo? Che a prescindere dai singoli casi – e indipendentemente dalla realizzazione di operazioni specifiche – gli obblighi dichiarativi permangono.
Uno degli sbagli più frequenti in contesti simili, è quello di pensare che qualora non si sviluppino operazioni realizzative entro l’anno, si è esenti dagli obblighi fiscali.
Un altro errore si lega inoltre al fatto che spesso si tende a credere che un investimento con importi bassi veicoli automaticamente verso l’esonero dagli obblighi dichiarativi. Naturalmente, queste convinzioni non corrispondono al vero, nonostante notizie simili tendino a diffondersi in rete molto velocemente, inducendo – nell’eventualità di controlli – ad una contestazione fiscale, con l’applicazione di sanzioni piuttosto alte da parte dell’Agenzia delle Entrate.
La titolarità di un conto di trading estero – con intermediario finanziario non residente in Italia – implica quindi sempre l’obbligo per il contribuente residente in Italia di presentare la propria dichiarazione dei redditi.
Nello specifico, dovrà essere compilato il modello Redditi Persone Fisiche allo scopo di:
1. Soddisfare gli obblighi relativi al monitoraggio fiscale di tutte quelle attività finanziarie che si possiedono all’estero per mezzo della compilazione del quadro RW. L’RW sarà soggetto a compilazione anche nel caso in cui bisognerà soddisfare il versamento dell’IVAFE, ossia l’imposta patrimoniale sulle attività finanziarie estere.
2. Dichiarare (in caso di operazioni realizzative) gli introiti provenienti dagli investimenti sviluppati con intermediario non residente in regime dichiarativo. In questi casi, occorre compilare – a seconda del contesto specifico – il quadro RT, RM, o RL.
Va inoltre sottolineato che anche nell’eventualità in cui nel corso del periodo di imposta si siano realizzate solo delle minusvalenze, gli obblighi dichiarativi permangono comunque. Oltretutto, la compilazione della dichiarazione dei redditi includente l’indicazione della minusvalenza realizzata, offre l’opportunità di poter recuperare quest’ultima, in subordino ad una compensazione di eventuali plusvalenze sviluppate nei quattro anni successivi.
Nota bene: con l’accezione trading online ci si riferisce a qualsiasi tipo di investimento finanziario posseduto all’estero (e non). Fanno parte di questa categoria il conto titolo, il Forex, le obbligazioni, le azioni, le opzioni binarie, ma anche elementi come le valute virtuali e gli investimenti ETF.

E se non si dichiara il conto trading?
L’amministrazione finanziaria oggigiorno è perfettamente capace di recepire tutte le informazioni necessarie sui conti trading esteri di ogni contribuente, facendo perno su quelle info frutto di accordi internazionali circa lo scambio di informazioni.
Per ogni annualità, le autorità fiscali estere di circa 200 Stati procedono a scambiarsi i dati pertinenti gli investimenti finanziari detenuti da contribuenti residenti in Stati diversi. Tale scambio di dati implica la possibilità di sviluppare controlli incrociati rispetto ai dati dichiarati dai vari contribuenti.
Nell’eventualità in cui vengano riscontrate delle anomalie, l’Agenzia delle Entrate potrà:
1. Inviare una lettera di avviso: ossia un sollecito ad una regolarizzazione volontaria ed autonoma rispetto all’irregolarità riscontrata in capo al contribuente, negli scenari in cui la dichiarazione dei redditi sia stata sì presentata, ma risultino degli errori. Le diverse sanzioni legate a dichiarazioni di redditi incorrette e/o per mancato monitoraggio fiscale, potranno essere ridotte per mezzo dell’impiego del ravvedimento operoso, coadiuvato alla presentazione di una dichiarazione dei redditi che vada a correggere gli errori contenuti in quella precedente.
2. Inviare un avviso di accertamento: in questo caso parliamo di una contestazione in piena regola, caratterizzata da sanzioni peculiari, pertinenti la mancata presentazione della dichiarazione dei redditi, con un ulteriore integrazione di quelle sanzioni legate all’omissione del monitoraggio fiscale.
Le sanzioni risultano essere di estrema importanza; da specificare inoltre il fatto che potrebbero palesarsi delle complicazioni, nell’ipotesi in cui gli investimenti esteri siano posseduti in Paesi non collaborativi.
I redditi generati dal trading
L’espletamento di investimenti finanziari tramite intermediari non residenti, viene quindi sviluppato – come già accennato – impiegando il c.d. Regime Dichiarativo. Nell’ambito di questo regime, ogni introito derivato dalle operazioni finanziarie deve essere dichiarato dal contribuente che ha investito il proprio capitale. Come ampiamente dettagliato sopra, il contribuente investitore in regime dichiarativo sarà obbligato a presentare ogni anno la propria dichiarazione dei redditi. Questo obbligo contempla sia gli oneri legati al monitoraggio fiscale, sia quelli relativi eventualmente alla dichiarazione dei proventi frutto del trading; in questo secondo caso, i profili reddituali realizzabili potrebbero configurarsi in:
1. Redditi Capitale: ossia i proventi sviluppati in subordino ad un utilizzo del capitale e caratterizzati dalla concessione di capitale a terzi in cambio di un provento, il quale potrebbe assumere la forma di interesse o dividendo (questi proventi vanno dichiarati nel quadro RM del modello Redditi).
2. Redditi altri di Natura Finanziaria: in riferimento ai proventi derivati dall’utilizzo di capitale ma concretizzati in forma di plusvalenza soggetta alla differenza tra valore di cessione e valore di acquisto rispetto al titolo negoziato. Questo secondo tipo di redditi va dichiarato nel quadro RT del modello Redditi.
In generale, parliamo di introiti finanziari in riferimento sia ai redditi capitale che ai redditi diversi di natura finanziaria.
Rendite finanziarie e tassazione italiana
Come vengono tassate le rendite finanziarie nel nostro Paese? Il principio di coerenza impiegato per la dichiarazione dei proventi derivati dagli investimenti finanziari, si basa sulla residenza fiscale in capo al contribuente investitore. Ciò vuol dire che se nel corso dell’anno X il contribuente residente in Italia espleta un’operazione di vendita di titoli ottenendo una plusvalenza, il reddito generato di natura finanziaria dovrà essere dichiarato poiché soggetto a tassazione in Italia. Stesso discorso vale anche qualora nel periodo di imposta il medesimo soggetto incassa dividendi o interessi (redditi capitale).
Il meccanismo di tassazione relativo agli introiti finanziari in Italia risulta regolarizzato dall’art. 67, co. 1 del TUIR. Questa disciplina implica un tipo di tassazione differenziata in merito ai proventi, con due diverse aliquote di imposta sostitutiva:
12,5% Proventi generati dai Titoli di Stato
26% Proventi generati da qualsiasi altra tipologia di investimento
Nota importante: è essenziale sottolineare che gli introiti derivati dalle rendite finanziarie non sono cumulabili con altri redditi nell’ottica del calcolo IRPEF.
Rendite finanziarie e regime dichiarativo
Il regime dichiarativo risulta disciplinato dall’art. 5 del D.Lgs. n. 461/1997. Stando a questo regime, spetta allo stesso contribuente procedere alla dichiarazione dei redditi relativa agli investimenti sviluppati. Oltretutto, sarà lo stesso soggetto a dover calcolare e versare l’imposta sostitutiva del 26% in caso di proventi. In contesti di minusvalenze, le eventuali somme eccedenti potranno essere portate in deduzione delle plusvalenze sviluppate nei quattro periodi di imposta successivi.
Detto ciò, l’Agenzia delle Entrate dettaglia che – trattandosi di attività finanziarie estere – l’investitore contribuente dovrà procedere (tramite l’ausilio della documentazione fornita dai broker esteri) a dichiarare i medesimi rapporti con gli intermediari stranieri. Questo tipo di operazione si lega agli oneri in capo al monitoraggio fiscale delle attività finanziarie detenute all’estero.